sabato 30 gennaio 2010

PERCHE' SIAMO CONTRO IL NUCLEARE

Le ragioni di una critica allo sviluppo tecnocapitalista, alle sue nocività e
alla società che le produce.
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La nostra opposizione al rilancio del programma atomico in Italia si basa principalmente, sul fatto di riconoscere nel nucleare uno dei tanti tasselli di
cui il dominio si serve per renderci sempre più asserviti ai suoi dogmi, basati
su un modello di sviluppo i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti e tutte: la morte di milioni di persone e di animali, la devastazione dell’ecosistema, e le guerre.

Quello che in realtà vediamo intorno a noi, è un regresso inesorabile che ci ha spinto verso un mondo malato e fatto di velocità, denaro e sottomissione ad una casta sempre più privilegiata di tecnocrati e specialisti.

La lotta che vogliamo condurre contro il nucleare non sarà una mera lotta specifica, settoriale, una lotta cioè che occupandosi solo di un aspetto esuli dall’inserire questo nuovo/vecchio progetto mortale dal contesto ideologico,politico, economico e sociale in cui nasce.

L'opposizione che portiamo avanti si basa sul rifiuto dell'energia nucleare come fonte energetica necessaria al funzionamento e all'incremento della società tecnologica che, attentando sempre più all'integrità e alla libertà degli esseri viventi, ci sta portando verso l'apocalisse ecologica.
Crediamo infatti che non si possa contestare il nucleare senza capire che l'ideologia da cui nasce, altro non è se non l’ideologia capitalista e militarista, e che la decisione a suo favore, è la logica conseguenza della politica tecnologica in cui si è imposto senza scrupoli l’incremento di una produzione che, al di sopra di tutti gli esseri viventi, porta sempre più alla alienazione e all’isolamento.

Il nucleare, come mille altre nefandezze dell'era moderna, è il risultato del
modello di società energetica che produce solo bisogni indotti e sacrifica sull'altare del profitto ogni possibilità di cambiamento e di vita: un modello
che ci ha portato ad un mondo affollato da poli industriali e tecnologici, reti
di trasporto merci e persone,campi transgenici ed allevamenti intensivi,sfruttamento minerario e rapina di tutte le risorse da cui tale sviluppo dipende.

Allora, iniziamo col porci alcune domande: abbiamo davvero bisogno di ulteriore energia, sono davvero necessari tutti gli orpelli di cui questo mondo si è dotato per continuare a mantenere il suo controllo e dominio su di noi e sulla natura ?


Una falsa alternativa: alimentare il disastro con energie rinnovabili.
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Dietro al continuo richiamo alle fonti di energia rinnovabili (acqua, sole, vento, combustibili non minerali) come alternativa al rilancio del nucleare o a tutti gli altri processi di produzione energetica su scala industriale, non possiamo non svelare un ulteriore escamotage per deviare l’attenzione delle persone da quello che è il problema principale, insito in un modello di sviluppo economico e sociale che si basa sullo sfruttamento, sulla dominazione e sulla depredazione.

Crediamo infatti che lo sfruttamento alternativo delle risorse a fini energetici non sia che un altro modo di dare in pasto altro carburante ad un motore che noi invece non vogliamo alimentare. In realtà, l'utilizzo di energie rinnovabili non comporta conseguenze devastanti per la Terra ed i suoi abitanti, solo se svincolato dalla macroproduzione e dall'accentramento della sua gestione nelle reti dei grandi monopoli pubblici e privati.

Per alimentare la bulimia energetica del sistema si continuano e si continueranno a combattere guerre, uccidere persone e devastare territori, e davvero tutto questo non finirà solo proponendo più mulini a vento, pannelli solari o coltivazioni
ecosostenibili.


L'accentramento della produzione energetica spalanca le porte di una società
sempre più militarizzata.
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Dietro al progetto del nucleare si annida il germe e lo sviluppo di una militarizzazione diffusa ed indiscriminata.

Per consentire la difesa delle centrali nucleari, considerate come strutture di interesse strategico nazionale, verrà utilizzato l’esercito e le zone su cui si pianifica la loro costruzione verranno considerate aree militari, con le conseguenze di controllo che questo che può comportare, anche nei confronti delle espressioni di
contestazione contro questi impianti di devastazione e di colonizzazione.

L'instaurazione di una società nuclearizzata prevede l'imposizione di una cultura nucleare fatta di controllo e sottomissione che può assumere forme differenti a seconda della società che si appresta ad invadere. In pratica il nucleare rispecchia in pieno i chiodi fissi del mondo capitalista:centralizzare il potere, diffondere una cultura di rassegnazione,costringere ad una dovuta subordinazione alle decisioni di chi comanda.

L'esempio di quanto accade nei Paesi dove il nucleare è già una triste realtà,
dovrebbe farci capire quale sarebbe il nostro futuro se le centrali fossero costruite: convivere con le radiazioni comporta infatti un rigido canovaccio da
seguire, e da accettare nella reale prospettiva di obbedire e crepare. La scelta nucleare si inserisce in tutte quelle scelte militariste ed autoritarie che servono per imporre ordine e disciplina ad una società ormai al collasso.

Se, da un lato, i nuclearisti si affannano ad imbellettare la faccia civile del nucleare, dall'altro nascondono l'altrettanto bramata e inscindibile faccia militare, vista la difficoltà a trovare una benché minima argomentazione che,
agli occhi dell'opinione pubblica, possa giustificare la corsa agli armamenti
atomici. I tentativi istituzionali di spacciare l'idea di un nucleare civile
separato e distinto dal suo apporto in campo militare, come anche l'istituzione
di organismi di controllo o il rilancio del "nucleare per la pace", naufragano
inesorabilmente di fronte all'evidenza.

Esiste un continuo scambio di conoscenze e di finanziamenti fra i due settori,
e tutta la macchina di propaganda nuclearista si sposta a seconda dei finanziamenti disponibili e del vento politico, da una parte all’altra senza battere ciglio. L'industria militare ricicla parte delle scorie prodotte dalle centrali per la fabbricazione di armamenti ad alto potenziale o delle più versatili armi a bassa intensità che vengono utilizzate dagli eserciti di mezzo mondo nei conflitti che insanguinano il pianeta.


Tenersi lontano dalle trappole della Politica è il primo passo per riprendere
in mano il proprio futuro.
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Riteniamo che mettere in atto un dissenso, una lotta, con cui i nucleocrati
debbano per forza fare i conti, sia un passo importante, ma questo slancio e
queste energie andranno sprecate se la lotta o la critica che le sostiene diventano recuperabili. In sostanza le istanze riformiste, di concertazione,o quelle basate esclusivamente sulla contrapposizione a suon di dati tecnici, saranno le benvenute dal fronte nuclearista che potrà usarle a testimonianza della propria democraticità. Da sempre, infatti, la concertazione è lo strumento più efficace che viene usato dallo Stato e dalle istituzioni per mettere a tacere le lotte: uno strumento talvolta più efficace del manganello e della repressione.

Crediamo che la lotta contro il nucleare, come qualunque altra lotta, non debba diventare un’altra occasione per partiti e associazioni varie per ridefinire il loro spazio politico sfruttando il malcontento che la scelta nuclearista porterà. Sul nostro percorso non dovremo dimenticare mai chi sono i responsabili del disastro in cui viviamo e rifiutare le loro politiche basate sul compromesso e sulla svendita degli ideali e delle persone.

Ci auspichiamo,invece, che la mobilitazione contro il nucleare in Italia cresca estesa ed eterogenea trasformandosi in una lotta in cui ognuno, con i metodi e le
pratiche che sente più sue, contribuisca ad affondare i progetti della lobby
nuclearista; tenendo sempre ben chiaro l'obiettivo e da che parte si è scelto
di stare senza prestare orecchio a chi rappresenti, seppur in piccolo,interessi politici o economici.

Non avere capi è il modo migliore per discutere a tutto campo, per non delegare, ed avere la possibilità di contribuire in prima persona ad ostacolare la minaccia del rilancio del nucleare.
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Una Volta Per Tutte
Assemblea contro il Nucleare, Piemonte

Distribuito da -Antiautoritari contro il nucleare-(Piacenza e provincia).

Ricordiamo che a Caorso(a pochi km da Piacenza) è presente una centrale nucleare...

L' ITALIA FRANA e FA LA GUERRA !

Nel fiume straboccante dei finanziamenti per centinaia di milioni di euro a fondo perduto per la “ricostruzione“ dell’Afghanistan, abbiamo trovato sulle entrate dichiarate dall’Ufficio ONUPA del Palazzo di Vetro 1.8 milioni di euro destinati dall’Italia (sentite, sentite) alla prevenzione ambientale.

Un primo stanziamento, si preciserà, finalizzato a localizzare le sedi che ospiteranno centri di osservazione contro il dissesto geologico nella provincia
di Farah.
Non potevano non tornarci in mente... i comuni di Scaletta Marina, Giampilieri,Briga e Scaletta Zanclea nel messinese, i quali il 25 ottobre del 2007 vennero coinvolti da un vasto movimento franoso durante un nubifragio particolarmente intenso che in quell’occasione non fece vittime ma solo ingenti danni materiali.
Questo territorio della Sicilia Orientale, al pari di altri 1.503, distribuiti a macchia di leopardo dall’arco alpino alle dorsali appenniniche, era stato censito nel 2004 da ricercatori e tecnici, locali e nazionali, ad elevato rischio idrogeologico.
Nonostante i ripetuti allarmi lanciati dai sindaci e dal prefetto di Messina, i ministri dell’Ambiente, Pecoraro Scanio e Prestigiacomo, non hanno mai destinato un solo euro di finanziamento per la messa in sicurezza della zona.

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Guido Bertolaso che, insieme
al suo staff, ha raccolto dalla magistratura avvisi di garanzia come coriandoli
per la gestione dell’emergenza spazzatura a Napoli, da queste parti la gente lo
ricorda per lo slogan beffardo “meno salsicce (in riferimento alle sagre delle
proloco – nda), più risorse al territorio“ con cui investì gli amministratori
locali che sollecitavano un piano di opere di contenimento per fermare gli smottamenti.

Il 3 ottobre 2009, milioni di metri cubi di terra trasformati in fango da un altro violento temporale si staccano da un costone della collina che sovrasta Giampilieri Alta e precipitano a valle travolgendo Giampilieri Marittima.
Le strade delle due frazioni saranno invase da un fiume di terra ed acqua che spazzerà via decine di abitazioni e interi nuclei familiari.
Il bilancio finale sarà di 37 morti e di 3 dispersi seppelliti sotto metri di fango i cui corpi non verranno più ritrovati.
Il responsabile della Protezione Civile senza arrossire nemmeno un pò dichiarerà : “Eravamo in allerta meteo, di più non potevamo fare“.
A catastrofe annunciata e poi consumata, due cadaveri verranno rinvenuti dai Vigili del Fuoco in mare, ci sarà un gran spolverio di vip ed una montagna di immagini trasmesse dai TG, con l’immancabile seguito di funerali di Stato e bare avvolte dal tricolore...

Ecco perché troviamo allucinante la destinazione di quel 1.8 milioni per la provincia di Farah dove continuiamo a portare morte e distruzione con la Task Force 45, con i Predator, i Tornado e gli AMX di Napolitano e La Russa. Il marcio che corrode l’Italietta esce prepotente in superficie.

Appena 24 ore prima che Vito Abbate dicesse cosa succede, o meglio non succede, a Giampilieri il Presidente della Repubblica, rivendicando le sue funzioni di Capo delle Forze Armate, a margine della teleconferenza dall’ Afghanistan con il generale Alessandro Veltri della Brigata Sassari – che ha sostituito la Folgore al Comando del West RC di Herat – si è detto particolarmente soddisfatto per il rifinanziamento (miliardario in euro) delle “missioni di pace“. “E’ motivo di profondo conforto – ha continuato – che a Camera e Senato ci sia stata compattezza ed unanime sostegno dalle forze politiche“.
Per Napolitano, il suo è un compito di guida e di stimolo che si esplica nel presiedere il Consiglio Supremo di Difesa. “Sento – affermerà – come un grande
onore la responsabilità di ricoprire questo incarico al servizio del popolo italiano“.

Quanto al ruolo dei (nostri) militari, il Capo dello Stato ha voluto sottolineare come “ovunque all’estero ho raccolto grandissima testimonianza ed apprezzamento per l’operato delle nostre forze armate in Afghanistan che proseguiranno negli impegni assunti dall’Italia con gli USA e gli alleati della NATO per quanto serie siano le difficoltà finanziarie che il Paese sta incontrando nell’attuale fase di recessione internazionale“.

E ora una pessima notizia per i nostri portafogli, uscita dal Ministero della
Difesa il 18 dicembre.
“ … esiste un forte ritardo nel processo di formazione delle forze afghane e di sicurezza che dovranno sostituire via,... via il continente internazionale, ci
sono difficoltà nel reperire i luoghi dove formare quadri dell’esercito e della
polizia afghana. L’obbiettivo di un larghissimo rientro (di ISAF/NATO – nda)
nel 2013 è basato sulla capacità di stare sul territorio degli effettivi
locali e per farlo abbiamo bisogno di infrastrutture adeguate per l’ addestramento“.
Insomma, non si riesce a trovare aree adatte per la formazione militare del
personale locale.

La dichiarazione, pagliaccesca, è uscita da Palazzo Baracchini, dalla bocca di
La Russa.

Prepariamoci a pagare altre spese miliardarie per la “missione di pace“ in Afghanistan per almeno altri 4 anni, senza avere muri di contenimento a Scaletta Marina, Giampilieri, Briga e Scaletta Zanclea ed in altre 1.503 aree, a elevato rischio ambientale, di questo Paese alla bancarotta.

Disoccupati, cassaintegrati, lavoratori in nero, precari, pensionati, famiglie
con un solo reddito potranno nel frattempo continuare tranquillamente a fare la
fila davanti ad un Banco Alimentare.

Fino a quando?

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